L'opinione della prof.ssa Maria Luisa Morelli, docente di storia e filosofia

La mafia è figlia di uno Stato inefficiente, incapace e rapace

a cura di Maria Grazia Sirna

 

D. - Quali sono secondo lei le cause storiche, culturali ed economiche della "mafia"?

R. - Il processo storico lento, graduale, faticoso, durato molti secoli, attraverso il quale l'Europa continentale è venuta trasformando la propria struttura feudale in nuove forme politiche e socio-economiche, nell'Italia meridionale, per varie cause, non si è realizzato se non superficialmente. E quando ormai nell'Europa occidentale, e qui comprendiamo anche l'Italia settentrionale, il cittadino sa di dipendere da un'entità superiore, lo Stato, nel meridione troviamo fissato e cristallizzato un ordine socio-economico fondato sul rapporto di dipendenza personale, che qualche storico ha espresso come "l'uomo di un altro uomo".

Questo tipo di rapporti personali, anziché essere cambiato, si è rafforzato attraverso il tempo storico, nel quale l'individuo si è sentito oppresso e taglieggiato o, nel miglior dei casi, trascurato e abbandonato da uno Stato inefficiente, incapace e spesso rapace. Lo Stato per l’uomo meridionale è stato sempre il grande assente. E nel sottobosco, della cosiddetta società civile, tutto si poteva ottenere tramite accordi o soprusi a livello personale.

Questa situazione non è mutata neanche con l'unificazione dello Stato italiano: anche allora lo Stato risultò essere incapace di comprendere e di affrontare le reali esigenze economiche, e non solo economiche, del popolo meridionale e fondò la propria forza (alleanza della classe dirigente del Nord con la classe dominante del Sud o borghesia agraria), sul mantenimento di una situazione di ingiustizia sociale ed economica secolare, che avrebbe dovuto essere percepita come reale e pericolosa debolezza da parte di tutto lo Stato.

Le scelte politiche dello Stato unitario hanno la pesante responsabilità di avere inchiodato il meridione alla sua condizione di miseria e di abbandono (ricordiamoci qualche volta del tragico fenomeno dell'emigrazione, spesso unica via di scampo alla fame) e di avere reso impossibile al meridione per tanto tempo l'elaborazione di un'idea, di un modello di bene comune, superiore all'individuo, solo fondamento e sola giustificazione dello Stato.

Nel meridione si è rimasti così, a lungo tempo, ancorati al valore del rapporto personale, appena ampliato all’ambito della famiglia. E la famiglia, invece di essere considerata la prima cellula di un organismo più grande, lo Stato, è stato unico rifugio, tempio di sacralità e di salvezza, in cui si vengono a comporre in armonia i supremi valori dell'individuo e della comunità: la fedeltà, la solidarietà, il rispetto, l'onore.

Centro di affetti e di interessi, la famiglia nella cultura del meridione naviga chiusa e solitaria in un mare ostile e intesse con le altre famiglie solo rapporti di dipendenza e sopraffazione.

E' su questa cultura che si è innestato un processo perverso, che, anziché risolvere, aggrava i problemi della comunità.

Certo un'organizzazione "a delinquere" può sorgere e sorge all'interno di qualsiasi comunità umana, ma la "mafia" con le caratteristiche che conosciamo, poteva formarsi e si è formata dentro una società che non era pervenuta, nonché all'idea dello Stato, neanche a quella di una società civile, in cui ogni familiare collabora con fiducia verso l'altro; così, secondo me, si può spiegare la sua forza, la sua diffusione capillare ed anche la difficoltà ad eliminarla.

In questa guerra che vogliamo condurre contro la "mafia", è necessario che ognuno, come ha detto il giudice Falcone, faccia la propria parte e che tutti, come Stato, operiamo in accordo e con determinazione.

 

L'analisi della prof.ssa Morelli mette a fuoco le motivazioni storiche di un fenomeno criminale che nasce, cresce e si sviluppa - come metastasi cancerosa in un tessuto sociale anomalo, dimenticato dallo Stato e condannato a subire tutto, e in particolar modo le leggi, pensate, scritte e imposte da chi aveva interesse a proteggere privilegi e potere.

 

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"Siamo decisi avversari della violenza, perché siamo strenui difensori della democrazia e della vita di ogni cittadino".

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Sandro Pertini