Uno sporco comitato di affari

Mafia e Racket

di Flavia, Enza, Veronica, Carola e Maria (I A)

un'impresa ardua definire con poche parole un fenomeno ormai da anni radicato nella nostra cultura. La mafia mette le sue radici lì dove lo Stato è tragicamente assente, facendo propri i tradizionali valori negativi siciliani e abusando di questi. Da sempre infatti ha sostituito alle regole del diritto quelle della sopraffazione e della violenza. Oggi sempre più spesso si legge e si ascolta di mafia e racket, come mostruose e aberranti incrostazioni che si sono impadronite della realtà meridionale, o in quanto nessuno si spiega perché esse continuino ad essere attive e vitali, ben radicate nella vita quotidiana.

Droga, prostituzione, usura e racket sono le numerose fonti di approvvigionamento della mafia che proliferano là dove le carenze strutturali e organizzative dello Stato sono maggiori. Il mercato della droga e il fenomeno delle estorsioni sono strettamente intrecciati nel nostro paese come altrove. Non si sa più dove finisce l'uno e dove cominci l'altro. Le grandi organizzazioni criminali svolgono una politica assai aggressiva nei confronti delle imprese commerciali, non solo per ricavare denaro, ma anche per ottenere il controllo. Il racket è cresciuto in modo spaventoso proprio perché intorno a questo fenomeno criminale si è steso per troppi anni una specie di cordone sanitario. Non parlano le vittime, non parlano le associazioni, la polizia sembrava occuparsi d'altro, e intanto la mafia incrementava i propri capitali, avendo trovato, grazie al racket, un duplice potere: da una parte quello dell'immediato guadagno, dall'altra quello di impossessarsi delle aziende da potere utilizzare come terminale del riciclaggio dei capitali sporchi. La criminalità organizzata attraverso il racket cerca di raggiungere posizioni di potere insinuandosi anche nell'economia produttiva e legale del nostro Paese.

Cerca di farlo sfruttando coloro che esercitano un mestiere o un'attività imprenditoriale, commercianti, artigiani, imprenditori, liberi professionisti, ecc. - e spesso ci riesce utilizzando la minaccia. La minaccia è un'arma sofisticata e crudele che si presenta in 100 e più modi diversi. Riconoscerla nella vita quotidiana non è sempre facile. Pagare il pizzo costituisce il primo passo per un "invischiamento" dell'imprenditore in un sistema in cui gradualmente diventa complice dell'associazione mafiosa sino al punto di rischiare la propria vita. Sicuramente ogni tentativo di estorsione va denunciato alle forze dell'ordine anche se questo non esclude nell'immediato che possano verificarsi azioni di ritorsione nei nostri confronti.

Timidi accenni di risposta a tale stato di cose sono arrivati dal governo nel lontano 1992, ma le leggi erano ancora inefficaci e mal gestite dai magistrati e le carenze di tipo investigativo profonde. Il segnale di forte ribellione arriva solo quando una sinergia di forze fra le istituzioni e una società civile, onesta e coraggiosa riesce a sfondare il muro di paura e omertà. Le minacce più diffuse sono quelle rivolte ad uno o più membri della famiglia: un bambino che torna a casa e trova nella cartella un topo morto, un incidente automobilistico a questo fine provocato, una bustina di droga nascosta sotto il cruscotto della moto del figlio diciottenne; e inoltre anche l'incendio, continua ad essere un efficace strumento di persuasione.

Ma è soprattutto grazie al radicato senso di omertà presente nella gente che la mafia ha incrementato sempre più il suo potere e la sua economia, riuscendo a diventare realmente uno stato dentro lo Stato. Per riuscire a combattere l'omertà e il silenzio su cui si basa il crimine organizzato, servono coraggio e solidarietà; in questo senso l'informazione è uno strumento necessario. Solo se i singoli si uniranno formando dei gruppi e non restando isolati, formando una società civile onesta e coraggiosa, la mafia potrà essere definitivamente debellata, obiettivo questo che non può e non deve essere mai più procrastinabile nel tempo, ancor di più perché pregiudiziale alla stabilità delle strutture democratiche dello Stato; perciò bisogna muoversi ora, subito, perché tra qualche anno potrebbe essere troppo tardi.

«Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni, non le parole». (Giovanni Falcone)

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"Non resta celata la colpa, che anzi risplende di luce paurosa agli occhi di tutti. E' simile a falsa moneta il colpevole, che, sfregata per prova, e battuta, appare qual è: un pezzo di nero ferro. Il colpevole è come un fanciullo che insegue un uccello che vola; e giustizia lo spinge quando intollerabili danni reca alla sua città. Le sue preghiere nessun dio le ascolta; e lui che violando Giustizia di questi mali è cagione, Giustizia lo abbatte".

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Eschilo,

 Prometeo Incatenato.

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