L’omertà

da Mafia, album di "Cosa Nostra" a cura di F. Cavallaro

omertà c'è, come c'è la mafia la cui esistenza in quegli anni viene messa in dubbio perfino dal Ministro degli Interni.

Questo atteggiamento consentirà alla mafia di diventare padrona mentre l'omertà viene incredibilmente rafforzata da uno Stato che appare permeabile alle infiltrazioni e agli interessi illegali, come si evince da contraddittorie scelte politiche e giudiziarie.

Infatti hanno rinsaldato l'omertà anche i giudici prendendo per pazzi quelli che finalmente parlavano. L'hanno sostenuto giudici togati e giudici popolari liberando, processo dopo processo, da Bari a Catanzaro, da Viterbo a Lecce con la chiave dell'insufficienza di prove, i soldati della mafia tornati così nei "loro" territori come trionfatori. E' nelle aule dei tribunali che vince il malinteso senso di un esasperato garantismo o, talvolta, la pavidità di giudici spesso raggiunti da minacce, intimoriti o addirittura intercettati da messaggi enigmatici perfino in camera di consiglio, come accadde con la missiva del discusso vescovo di Monreale, monsignor Mingo. Era una sorta di appello consegnato durante il processo per il sequestro di Luciano Cassina ai giudici riuniti per condannare o assolvere padre Agostino Coppola perché tenessero conto della sua singolare raccomandazione.

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