7 vite spezzate a 60.000 metri d'altezza. Gli inquirenti cercano i colpevoli mentre la Nasa recupera i detriti.

La presidenza americana accusa il grave colpo. Per Bush un altro grattacapo.

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1 febbraio 2003. Ore 9.00: la base Nasa in Florida perde i contatti con lo shuttle Columbia partito qualche settimana prima. Bastano pochi secondi. Una grande palla di fuoco cade da un'altezza spaventosa: 63.000 metri d’altezza. “Dobbiamo proprio tornare?" diceva in tono scherzoso qualche minuto prima il comandante della missione. Ora riposa tra i resti della navicella caduti in un'area molto estesa del Texas. 160 km dello stato sono stati bombardati dalla pioggia di detriti altamente tossici. Per un caso della fortuna non ci sono stati danni alle persone. La vita di cinque uomini e di due donne è stata spezzata per sempre proprio come l'ala sinistra dello shuttle. Ora gli inquirenti indagano ma, più che cercare le cause, ormai ben chiare, si cercano i colpevoli.

Il presidente esprime tutto il suo cordoglio per l'accaduto. Ammirabile, soprattutto se si pensa che ha offerto alla Nasa 500.000.000 di dollari in più. Sarebbe una bella cifra se non fosse che, proprio Bush, da qualche mese, aveva deciso di destinare al Programma Spaziale ben un miliardo di dollari in meno. Quei soldi di certo sono più utili alla costruzione dello “Scudo Spaziale”, alla guerra, alla ricerca sugli O.G.M. che a rendere più sicuri gli shuttle. Una navicella, per la seconda volta dopo la tragica fine del Challenger, dimostra di avere troppa fretta di ricongiungersi al suolo.

La sciagura non è stata improvvisa anzi era fin troppo prevedibile: già al decollo alcuni sensori sull'ala sinistra avevano registrato valori preoccupanti: erano stati colpiti da piastrelle che costituivano il rivestimento termico esterno dello shuttle. Nessuno se ne curò almeno sino a quando, in fase di rientro, quegli stessi sensori rivelarono forti anomalie termiche. Il problema fu nuovamente ignorato e, dopo pochi minuti, la navicella perse l'assetto corretto per la discesa. L'assetto è molto importante: permette di passare attraverso i vari strati dell'atmosfera senza che il calore arrechi danno alla fusoliera o alla strumentazione. Quando avviene il contrario gli effetti sono devastanti: il calore diventa insopportabile anche per il rivestimento termico che si fonde provocando un nuovo aumento della temperatura. Esso distrugge pian piano la nave e le vite che si trovano a bordo.

Il Columbia era ormai alla sua ultima missione. Aveva ventidue anni di servizio alle spalle. Troppi per andare ancora a spasso nello spazio. Troppo pochi, secondo l'amministrazione, per essere chiuso in un museo. Il programma shuttle della Nasa prevedeva che ogni navicella rimanesse attiva al massimo dieci anni: a causa delle condizioni economiche dell’ente oggi la più “giovane” ha ben undici anni. La manutenzione di questi vecchi Shuttle (la flotta ormai si riduce a quattro esemplari) richiede, da sola, il 10% dei fondi di tutto il programma. I nuovi progetti sono stati abbandonati: non dovremmo vedere nuovi velivoli della Nasa per almeno dieci anni. Le missioni si ridurranno gradualmente come i posti di lavoro. Eventuali minacce dal cielo non potranno essere affrontate. Bush generalizza e, nei suoi discorsi, dice di essere soddisfatto del lavoro della Nasa rinnovando il cordoglio per i sette astronauti morti. Ciò non basta a tenere a freno l'opposizione e l'opinione pubblica americana provata dalla grave crisi economica e dalla guerra con l'Iraq. Si parla già di “Shuttle-gate”. Anche le famiglie degli astronauti sono in rivolta e chiedono giustizia. L'equipaggio del Columbia durante un collegamento TVSanno fin troppo bene che ora l'hangar del Columbia è vuoto come la rampa da cui, di solito, decollava. Il fumo bianco del decollo non c'è più. Nei cuori dei familiari degli astronauti, invece, rimarrà sempre il fumo nero di sabato 1 febbraio che insieme al Columbia ha portato via le vite di sette persone innocenti.

Faranda Davide - I A Classico

 

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