ARTE GRECA

Partenone -Ordine Dorico

   L'Acropoli di Atene è un'altura calcarea di forma allungata e alquanto stretta; la sommità è piatta, mentre le pareti sono molto scoscese e frastagliate, sebbene ora siano parzialmente rinserrate dal circuito murario che le recinge. Rispetto alle altre colline della città (Areopago, Mouseion, Pnice) è la più elevata (m 156 s.l.m. nella zona del santuario di Zeus Polieus) e la più ampia (raggiungendo m 310 x 135 dopo l'ultima sistemazione realizzata in età classica). Nelle sue pendici si aprono grotte e alla sua base sgorgano sorgenti perenni: due nei pressi dell'Asklepeion, sul lato meridionale; la klepsydra e un'altra fonte vicina alla scala delle Arrephoroi, sul lato settentrionale. Queste ultime, ricche d'acqua e in migliore posizione, furono presto collegate anche dall'alto con scale scavate nella roccia. L'Acropoli, vera piattaforma rocciosa, accessibile solo da ovest, dove il pendio è più dolce e dove sorgono i Propilei, e raggiungibile con maggiore difficoltà sul fianco nord mediante due erti sentieri (uno dei quali praticato solo in età micenea) si prestava fin dagli inizi ad una occupazione sicura. Le tracce del primo insediamento e delle costruzioni più antiche sono pochissimo conservate e spesso di difficile e controversa interpretazione sia per le grandiose trasformazioni che l'Acropoli ha subito nel corso dei secoli sia in seguito agli stessi scavi archeologici e alle ricerche che, concentrate soprattutto nei primi tempi sui monumenti maggiori, hanno raggiunto in diverse zone il suolo roccioso. La più antica occupazione dell'Acropoli è testimoniata sulle pendici nord-ovest nei pressi della fonte Klepsydra, dove sono stati scoperti 22 pozzetti ricchi di ceramiche del tardo Neolitico (fine del IV millennio); inoltre, è nota un'abitazione della stessa epoca sul lato settentrionale, vicino all’Askiepieion Ceramiche databili alle successive fasi dell'età del bronzo (c.d. Antico, Medio e Tardo Elladico: III-II millennio a.C.) sono state rinvenute in numerose altre zone intorno alla collina. In età geometrica (900-700 a.C.) l'occupazione è testimoniata indirettamente da alcune tombe scoperte a sud-ovest dell'Acropoli e dalla ceramica rinvenuta sulle pendici nord, mentre non è noto nessun edificio. Tuttavia è significativo che il culto più antico di Atena, legato strettamente a quello del mitico Eretteo, si sia sviluppato poi nell'area del palazzo miceneo, lasciando supporre una qualche forma di continuità anche per questo periodo. I vari sacelli e i templi esistenti sull'Acropoli in età arcaica non sopravvissero alla rovinosa e duplice distruzione persiana del 480-479 a.C. e alla successiva intensissima opera di ricostruzione di età classica. Le fonti epigrafiche, in particolare, ricordano un altare ed edifici (oikèmata): ad essi sono riferibili antefisse e sime di terracotta (fine sec. VII-VI a.C.) e numerosi frammenti architettonici e scultorei in poros (calcare tenero) e in marmo, tra i quali sono da ricordare le decorazioni frontonali raffiguranti Eracle in lotta con l'Idra di Lema, l'apoteosi di Eracle e l'agguato di Achille a Trailo (c.d. frontone dell'ulivo) (ca. 570-550). Ma gli scavi e le ricerche condotte nel secolo passato hanno riportato alla luce anche le fondazioni dei due templi spesso ricordati dalle medesime fonti letterarie ed epigrafiche: il Tempio arcaico di Atena e l'Hekatompedon (che deve il nome alla sua lunghezza di 100 piedi). Ambedue sono stati oggetto di molteplici e divergenti teorie da parte degli archeologi, riguardo alle loro fasi edilizie e alla loro cronologia, per la difficoltà di interpretare le strutture murarie residue e di collegarle agli elementi decorativi ed architettonici arcaici noti. Quando Pausania intorno alla metà del sec. Il d.C. visitò l'Acropoli, il Tempio arcaico di Atena non esisteva più da secoli e, probabilmente, se ne era perso addirittura il ricordo. Dopo la distruzione del tempio avvenuta nell'incendio persiano del 480-479a.C. molti blocchi architettonici (triglifi, metope, comici) furono riadoperati come semplice materiale da costruzione nel muro c.d. di Temistocle e solo su una sua parte (l'opistodomo?) fu restaurata, destinandola a custodire il tesoro di Atene e dei suoi alleati. Le ultime notizie su di esso risalgono alla metà del sec. IV a.C. Gli scavi hanno riportato alla luce, accanto all'Eretteo, le fondazioni della peristasi, che aveva 6 colonne sulla fronte e 12 sui lati lunghi, e della cella: quest'ultima si divideva in un ambiente colonnato, dove era conservata la statua di Atena, vetusta, in legno d'olivo, che si credeva caduta dal cielo, e in altri tre vani disposti sul retro. Il tempio, secondo la più accreditata interpretazione, ebbe un unico momento edilizio all'epoca dei Pisistratidi (529-520 a.C.) e sostituì un precedente sacello d'età geometrica, di cui non resta ormai traccia. L'Hekatòmpedon, benché ricordato da alcune iscrizioni, è stato talora confuso con il tempio arcaico di Atena. Anche numerosi frammenti di sculture frontonali arcaiche sono stati attribuiti variamente ora all'uno ora all'altro monumento. Comunque, anche per questo tempio, che è considerato a ragione l'antenato del Partenone, è possibile proporre una successione di fasi edilizie, o meglio di ricostruzioni, ragionevolmente sicure. La prima consistette in un tempio (fine VII - inizi del secolo VI a.C.), che aveva il basamento in pietra e l'elevato in mattoni erodi: di esso, purtroppo, nulla si è praticamente conservato. Anche dell'Hekatòmpedon vero e proprio, dedicato ad Atena nel 566 a.C. in occasione della prima celebrazione delle Grandi Panatenee, rimane assai poco; ma è certo che esso era costruito in poros, mentre parte della decorazione era realizzata in marmo. Alla decorazione frontonale sono attribuiti alcuni frammenti di scultura policroma di notevoli dimensioni (Eracle che lotta con Tritone, una leonessa che assale un torello). In una data molto incerta, ma anteriore al 488 a.C. anche questo tempio fu demolito per far posto ad un nuovo edificio, l'immediato antecedente al Partenone, rimasto poi incompiuto a causa dell'incendio persiano del 480-479 a.C. Rocchi delle sue colonne in marmo, non rifinite, e blocchi del basamento furono ancora una volta riutilizzati nel c.d. muro di Temistocle. Successivamente all'incendio appena ricordato, sull'Acropoli fu realizzato un grande e generale spianamento, la c.d. "colmata persiana", grazie al quale sono giunte fino a noi numerose importantissime sculture arcaiche di marmo. Tra di esse sono da ricordare: la statua di una figura maschile che regge sulle spalle un vitello (il Moschophòros dedicato da Rhombos); quella di un cavaliere (il cavaliere Rampin, ricomposto ricollocando una testa ora al Louvre su un torso dell'Acropoli); ma soprattutto le molte figure femminili (kòrai) o più raramente maschili (koùroi), che in taluni casi conservano ancora tracce della policroma originaria e di cui purtroppo poche basi iscritte menzionano i dedicanti o gli autori. Tuttavia esse sono certamente attribuibili non solo a scultori attici, ma anche della Ionia e delle isole dell'Egeo, per ragioni stilistiche che sono state individuate da tempo ad opera di una consolidata e raffinata indagine storico-artistica. Finalmente, quando nel quadro del grandioso programma edilizio sostenuto da pende fu presa la decisione di erigere un nuovo tempio, del precedente edificio si sfruttarono solo le poderose fondamenta; ma il progetto architettonico prescelto fu assai diverso e totalmente innovatore. Il tempio è un periptero dorico con 8 colonne sulla fronte e 17 sui lati lunghi. La cella, dove era collocata la statua in oro e avorio di Atena Parthènos, opera di Fidia, aveva a sua volta un duplice colonnato; alle sue spalle era una sala minore sorretta da quattro colonne toniche (Parthènon). La costruzione fu realizzata rapidamente tra il 447 e il 438 a.C.; mentre la decorazione dei frontoni e del fregio fu completata nel432 a.C. Ci sono giunti, almeno in parte, i dettagliati resoconti finanziari dei lavori che erano resi pubblici annualmente con apposite iscrizioni: da essi ricaviamo i salari delle maestranze e i costi di molte operazioni del cantiere. Ma è Plutarco, nella sua Vita di Pericle, e ricorre insieme con lo stuolo di artigiani coinvolti nell'impresa e con i nomi degli architetti artefici del progetto, Ictino e Callicrate, la posizione significativamente preminente di Fidia nel controllo di tutta quanta l’impresa. La decorazione marmorea del Partenone si articola in 92 metope alternate ai triglifi della trabeazione, nei gruppi di sculture dei frontoni orientale e occidente, nonché nel fregio continuo a bassorilievo della cella. Il tetto a sua volta, era originariamente sormontato da grandi acroteri vegetali ed era completato, lungo gli spioventi laterali, da antefisse a palmetta e da gronde angolari a maschera leonina. Tra le metope, assai poche si conservano al loro posto e per lo più sono mutile. Su ogni lastra è scolpita una coppia di figure relative ai quattro soggetti mitologici raffigurati sui rispettivi lati del tempio: ad est, la lotta dei Giganti contro gli dei celesti (Gighantomachia), ad ovest, la lotta dei Greci guidati da Teseo contro le Amizzoni (Amazzonomachia); a sud e nord, cioè sui lati lunghi, il combattimento tra i Centauri e i Lapiti, cui i primi avevano rapito le donne (Centauromachia), insieme con episodi della guerra di Troia (Illioupèrsis) e delle leggende sulle origini mitiche di Atene. Anche i gruppi scultorei dei frontoni sono attualmente smembrati e assai frammentari: comunque, su quello orientale, che è il principale, era raffigurata la nascita di Atena in anni dalla testa di Zeus alla presenza delle divinità dell’Olimpo; invece, su quello occidentale la disputa tra Atena e Poseidone per il possesso dell'Attica, vinta dalla dea grazie alla crescita miracolosa dell'ulivo. Rispetto alle precedenti decorazioni del Partenone, il fregio ricco di circa 360 figure che corre all'esterno della cella è, per la novità del suo tema, quello più influenzato dal programma ideologico-politico, che traspare dal composito ed ideale intreccio dei vari soggetti mitici e religiosi qui adottati. Per lo stesso motivo, è quello che meno ha ricevuto la sua lettura iconografica definitivamente persuasiva. L'interpretazione moderna di volta in volta ha proposto di riconoscervi la raffigurazione della processione realmente effettuata ogni quattro anni, in occasione delle Grandi Panatenee, oppure il ricordo dell'istituzione della festa e dei giochi ad opera del mitico Erittonio oppure ancora due distinte processioni che giungono dinanzi al consesso dei dodici dei e dei dieci eroi eponimi. Quest'ultima ipotesi appare la più probabile, purché intesa non nel senso di due cortei realistici, bensì come somma ideale dei differenti momenti della processione sacrificale panatenaica che si svolgeva sull'Acropoli, e delle sfilate e delle gare che la accompagnavano nei giorni successivi in altre zone della città.

Partenone   Il Partenone ha subito un incendio, probabilmente all'epoca dell'invasione degli Eruli (267d.C.), e un successivo intervento di restauro, per il quale furono impiegati materiali decorativi prelevati da un altro edificio cittadino (un portico?) di età ellenistica. Dal sec.VI d.C. e per un lungo periodo fu trasformato in chiesa bizantina, mentre alla metà del sec.XV diviene una moschea. Ciononostante è considerato a ragione, nell'aspetto oggi noto, uno dei simboli meglio conservati della grecità classica. Contemporaneamente alla conclusione dei lavori del Partenone, ebbe inizio la costruzione dei nuovi Propilei (437-432 a.C.) affidata all'architetto Mnesicle. Essi dovevano sostituire i precedenti Propilei (ca. metà sec. VI a.C.), seriamente danneggiati dall'assedio persiano e ormai inadeguati alla grandiosità che l'Acropoli andava assumendo. L'ingresso fu così trasformato con un ampio vestibolo monumentale, disposto su un nuovo asse est-ovest e racchiuso da due ali avanzate: quella settentrionale prese il nome di Pinacoteca per le opere pittoriche che vi erano conservate; quella meridionale ebbe minori dimensioni, dovendo rispettare l'area dell'antistante tempietto di Atena Nike.

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METODO PER DETERMINARE L'ENTASI

Siano AB e CD rispettivamente i diametri della base (imoscapo) e dell'estremità superiore (sommoscapo) della colonna. La differenza fra i due diametri è tale per cui CD misura 4/5 di AB. A questa differenza si deve la rastremazione, ossia la progressiva diminuzione della larghezza del fusto.

L'altezza dell'intero fusto sia pari a cinque volte il diametro di base, come spesso è dato verificare nei templi dorici greci del V secolo. Descritti i due semicerchi sui diametri suddetti, da C si innalza la perpendicolare alla base tagliando il semicerchio maggiore nel punto 3. Ciò fatto si divide l'arco A3 e la colonna in un numero di parti uguali, per esempio in tre parti. Dai punti 1, 2, 3, si mandano delle perpendicolari fino ad incontrare le corrispondenti divisioni orizzontali del fusto. Unendo i punti d'intersezione così determinati, si ottiene quella particolare convessità del profilo della colonna (l'enfasi, appunto) che serve ad evitare l'effetto di rigidità risultante dalla vista di colonne con fusti semplicemente troncoconici o addirittura cilindrici.

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Sezione di colonna dorica

Sezione di colonna dorica

Sezione di colonna Ionica

Sezione di colonna Ionica

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Metodi per la costruzione del profilo delle scanalature

Metodi per la costruzione del profilo

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Metodi per la costruzione del profilo delle scanalature

delle scanalature