Mercoledì venti dicembre del duemilasei, verso la mezzanotte, il medico Mario Riccio, su richiesta di Welby, stanco di soffrire e di vivere una vita ormai vegetativa, ha staccato il respiratore dopo aver somministrato una iniezione sedativa. La morte di Welby, da anni ammalato di distrofia muscolare, ha fatto discutere. Prendendo spunto da questo caso, rifletti e argomenta sull'eutanasia.

Svolgimento

Eutanasia: morte indolore atta a porre fine alle sofferenze di un malato terminale; un argomento delicatissimo di cui si è discusso e che molto ha fatto discutere in questi giorni.

Ne hanno parlato medici, parlamentari di vari partiti politici, uomini di chiesa e non, ma non si è arrivati a un punto d' accordo: le opinioni sono molte e differenti.

Molti giornali, dopo la morte di Welby, titolavano descrivendo l'atto dell'eutanasia come il semplice gesto di "staccare una spina".

In realtà, il medico Mario Riccio, dopo diversi consulti e riflessioni avvenute tra Welby, la moglie e i medici, ha staccato il respiratore senza il quale Welby non poteva vivere, o forse sarebbe meglio dire "vegetare" poiché il povero uomo, paralizzato nel suo tettino, pieno di piaghe, dolori e sofferenze, riusciva a stento ad esprimersi.

Alla sua morte, la chiesa si è rifiutata di celebrare i funerali religiosi; e pensare che ciò non accade neanche per i suicidi, che senza avere delle vere e proprie sofferenze fìsiche decidono di togliersi la vita.

Ma nel caso di Welby si può, forse, parlare di vita? E se così fosse, che ruolo avrebbe Dio di fronte a tali sofferenze?

Non credo che possa esistere un Dio (qualsiasi sia la religione presa in considerazione) che voglia la sofferenza dell'uomo.

Staccando il respiratore, a mio avviso, Welby non è stato ucciso, bensì è stata la natura a fare il suo corso e, quindi, non è stata modificata la volontà di Dio, in quanto il respiratore o qualsiasi altra macchina capace di prolungare la vita di un uomo sono macchine costruite dall'uomo e non dalla natura o da Dio. Talvolta possono essere di grande aiuto e salvare vite umane, ma se viene fatto un uso errato, o comunque smodato, possono diventare vere e proprie "macchine infernali".

Difficile stabilire fino a che punto si possa trattare di "normale cura" o "accanimento terapeutico", e che cosa si possa considerare "eutanasia". Proprio per questo, davanti ad immani sofferenze, sarebbe opportuno lasciare decidere al paziente, con l'aiuto di familiari, psicologi e medici, quale "strada prendere", accertandosi, comunque, che non vengano fatti  abusi di tale "potere".

 

                                                                                                                                                                                                                                                    Giovanni Corpina

IV D - Liceo Scientifico

Anno scolastico 2006/2007