Montesquieu, l’america e l’uomo

Lavoro svolto dalla Classe IV sez. C ind. Scientifico

Anno Scolastico 2003/2004

Realizzato da Cicirello Silvia, Parafioriti Antonio, Zumbino Katia e Lavecchia Diego

Montesquieu si inserisce nella grande corrente di riflessione politica dei filosofi del 18° secolo. Questo teorico, convinto che la diversità delle razze e dei temperamenti umani dipenda dalle differenze climatiche tra i vari paesi, ha sezionato la società classificando i diversi tipi di governo con una originalità di metodo e una modernità che la sociologia politica contemporanea non può certo negare.

Fra gli spiriti illuminati che auspicavano un cambiamento moderato dell’organizzazione politica (ma che non sospettavano l’imminenza di una rivoluzione), Montesquieu figura come fautore di una monarchia moderata, nella quale il re non può abbandonarsi alla tentazione di diventare un despota, né il popolo a quella di liberare i propri istinti di indipendenza;a illustrazione di quest’equilibrio, egli cita la monarchia inglese, caratterizzata secondo lui dalla "libertà della gente onesta al riparo delle leggi", dalla separazione dei poteri, dalla forza del commercio e dalla prosperità generale.

D’altra parte, il ruolo delle classi privilegiate (che sono rappresentate dal clero, dalla nobiltà, dai parlamenti) è proprio quello di garantire la pace interna del regno: spetta a questi "poteri intermedi, subordinati e dipendenti" il compito di mantenere un certo equilibrio dello stato. Nell’identico spirito di moderazione e di equilibrio, Montesquieu raccomanda che i poteri non vengano concentrati nelle stesse mani. Egli distingue tre livelli di poteri:

Montesquieu inaugura un metodo nuovo per lo studio dei fatti che riguardano il governo della società. La politica era per Machiavelli una tecnica regolata solo sull’opportunismo. Con Montesquieu diventa una scienza fondata sulla conoscenza precisa dei rapporti desiderabili degli uomini fra di loro: "Le leggi sono buone quando realizzano non l’equità e la giustizia in sé, ma la parte di equità e di giustizia che si concilia con il clima, il territorio e i costumi".

Se non fosse un anacronismo, si potrebbe qualificare la classificazione dei governi di Montesquieu con un termine preso a prestito dalla sociologia moderna,affermando che egli elabora una tipologia dei regimi. L’opera nella quale egli affronta il problema della storia è lo Spirito delle leggi.

Montesquieu definisce la legge come "il rapporto necessario che deriva dalla natura delle cose", e ritiene che ogni essere ha la sua legge,quindi anche l’uomo. Ma le leggi alle quali l’uomo obbedisce nella sua storia non hanno nulla di necessitante. "L’uomo come essere fisico è come gli altri corpi governato da leggi immutabili; come essere intelligente viola incessantemente le leggi che Dio ha stabilite e cambia quelle che egli stesso stabilisce. Bisogna che egli si diriga, tuttavia è un essere limitato; è soggetto all’ignoranza e all’errore come tutte le intelligenze finite; le deboli conoscenze che ha, può ancora perderle;come creatura sensibile è soggetto a mille passioni.

Un tale essere poteva a tutti gli istanti dimenticare il suo creatore; Dio l’ha richiamato a sé con le leggi della religione. Un tale essere poteva a tutti gli istanti dimenticare se stesso; i filosofi lo hanno avvertito con le leggi della morale. Fatto per vivere nella società,poteva dimenticare gli altri.

Da questo punto di vista è evidente che l’ordine della storia non è mai un fatto, né mai un semplice ideale superiore ed estraneo ai fatti storici: è la legge di tali fatti, la loro normatività, il dover essere a cui essi possono più o meno avvicinarsi e adeguarsi. Quando Montesquieu ha fissato i tipi fondamentali di governo, la repubblica, la monarchia e il dispotismo e ha riconosciuto il principio della repubblica nella virtù, intesa come virtù politica, cioè amor di patria e dell’eguaglianza, il principio della monarchia nell’onore, cioè nel pregiudizio personale o di classe, e il principio del dispotismo nel timore, egli avverte: "Tali sono i principi dei tre governi; ciò non significa che in una certa repubblica si sia virtuosi, ma che si deve esserlo. Ciò non prova neppure che in una certa monarchia si tenga in conto l’onore e che in uno stato dispotico particolare domini il timore, ma solo che bisognerebbe che così fosse, senza dire che il governo sarà imperfetto".

La ricerca di Montesquieu è diretta a mostrare come ogni tipo di governo si realizzi e si articoli in un insieme di leggi specifiche riguardanti i più diversi aspetti dell’attività umana, e costituenti la struttura del governo stesso. Queste leggi riguardano l’educazione, l’amministrazione della giustizia, il lusso, il matrimonio e insomma l’intero costume civile. Dall’altro lato ogni tipo di governo si corrompe quando viene meno al suo principio; ed una volta corrotto,le migliori leggi divengono cattive e si rivoltano contro lo stato stesso.

Così gli eventi della storia non sono frutti del caso o del capriccio,ma possono essere intesi nelle loro cause,che sono le leggi o i principi della storia stessa; e dall’altro canto conservano quel carattere problematico in cui si riflette la libertà del comportamento umano. Questa libertà ispira d’altronde lo scopo pratico che Montesquieu ha in vista nello "Spirito delle leggi". Il quale si propone di mettere in luce e di giustificare storicamente le condizione che garantiscono la libertà politica del cittadino.

Le idee di Montesquieu, pensatore liberale, hanno esercitato un’influenza profonda; i legislatori delle assemblee rivoluzionarie hanno mutato da lui il principio della separazione dei poteri e un vasto programma di riforme.

Analogamente a quella degli altri filosofi del suo secolo, che basano la loro riflessione sulle scienze umane, l’analisi politica di Montesquieu ha sempre avuto una importante dimensione morale. Pur aspirando a un certo cambiamento, Montesquieu sa che "Tutto tiene nel corpo politico", e che ogni modifica è difficile. "Proporre cambiamenti", dice, "spetta solo a coloro che hanno avuto la fortuna di nascere con la capacità di arrivare a capire con un colpo di genio tutta la costituzione di uno stato".

La costituzione americana e i diritti dell’uomo

In America il conflitto d’interessi tra le colonie e l’Inghilterra, sfocia nel Congresso di Filadelfia, nel settembre del 1774, cui seguiranno le convenzioni, assemblee rappresentative elette a suffragio universale che hanno potere decisionale in quanto patti tra coloni.

I rappresentanti delle Convenzioni sottoscrivono,il 4 Luglio 1776,la Dichiarazione di Indipendenza, che influenzata dal dibattito culturale illuminista, "si basa sulla legge naturale istituita da Dio che ha dotato gli uomini di "diritti inalienabili" la cui protezione costituisce il fine dei governi".

La Costituzione federale degli Stati Uniti riprodusse con fedeltà la tripartizione. Per la prima volta nella storia, una costituzione raggruppava i suoi articoli sulla base di una divisione dei poteri. Il primo articolo è dedicato al legislativo, il secondo all’esecutivo, il terzo al giudiziario.

Il potere legislativo è attribuito a un Congresso bicamerale, il potere esecutivo ad un presidente eletto, sebbene indirettamente, dal popolo; il potere giudiziario va ad un sistema di Corti indipendenti i cui giudici durano in carica fintantoché non incorrono in sanzioni disciplinari.

Il Presidente,per governare,ha bisogno del consenso del Congresso; il Congresso non può assumere posizioni in contrasto con il Presidente .

I tribunali di tutti i gradi vegliano affinché le leggi siano fedeli alla costituzione.

Un contributo importante della Convenzione di Filadelfia al costituzionalismo moderno consiste nel fatto che il controllo tra i poteri deve sussistere anche se tutti gli organi sono di carattere elettivo, e, di fatto, sono eletti dalle stesse persone .

Il 26 Agosto dello stesso anno,accanto alla Dichiarazione d’Indipendenza,viene approvata la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, in cui, oltre alle istanze politiche e sociali che si sono venute formando, confluiscono le elaborazioni teoriche di Locke, Montesquieu e Rousseau.

Nella Dichiarazione si riscontrano infatti la separazione dei poteri,i diritti naturali dell’individuo (libertà personale,libertà di espressione e di culto, libertà di stampa, diritto di proprietà), l’uguaglianza di fronte alla legge, l’idea della sovranità nazionale e la definizione della legge come espressione della volontà generale.

La Costituzione del 1791 non arriva a stabilire il suffragio universale e pone tre livelli di partecipazione alla gestione pubblica,determinati in base alla ricchezza individuale.

Si riscontra così un compromesso tra il principio liberale e quello democratico, ancora più evidente nella Dichiarazione che precede la Costituzione del 1793. La contraddizione più evidente sta nel fatto che la dichiarazione di uguaglianza fra tutti gli individui è di fatto vanificata dalla difesa della proprietà privata, e quindi della condizione di privilegio nella quale si trovano i grandi proprietari terrieri e gli imprenditori.