IL MOVIMENTO COSTANTE DEI MARI E DEGLI OCEANI: LE CORRENTI

Le correnti marine hanno rappresentato, per secoli, un vero mistero. Non si capiva come e perché esistessero zone di acqua in movimento, quasi sempre negli stessi spazi. Oggi, pur ancora con forti incertezze e imprecisioni, le conoscenze si sono approfondite. Sappiamo ora, che consistono nello spostamento di masse acquee. Vi sono innanzitutto due tipi di correnti: correnti di superficie e correnti di profondità; sono dette correnti di superficie solo quelle che superano i 21,6 Km/h; quelle più lente sono dette deriva. Esistono inoltre correnti calde e correnti fredde; se hanno una temperatura superiore a quella del mare dove scorrono, le correnti sono calde e si spostano dall’Equatore verso i poli; mentre sono fredde quando la loro temperatura è inferiore a quella delle acque circostanti e chiudono il ciclo muovendo dalle latitudini verso l'Equatore.

Le correnti assumono la forma di veri fiumi che scorrono nelle acque con caratteri termici e salini diversi dalle acque circostanti e portate superiori a quelle dei corsi d'acqua superficiali; sono molto lente (la velocità di spostamento si mantiene di solito inferiore ad 1 m/s, ma può raggiungere in casi particolari anche i 10 m/s) e sono originate dalle grandi correnti aeree, e, come queste sono deviate verso i poli o verso l'equatore per effetto della forza di Coriolis. Per cui, le correnti non possono fluire secondo l'andamento dei meridiani, ma tendono a formare dei circuiti chiusi e distinti non solo nei singoli oceani, ma anche nei due emisferi: in quello boreale la circolazione si svolge in senso orario, mentre in quello australe essa si attua in senso antiorario. Non è inoltre trascurabile l'azione dei venti, siano essi costanti (alisei, venti occidentali) o periodici (monsoni): infatti essi possono accelerare le correnti di superficie, rallentarle o addirittura invertire il loro corso, come avviene nell'Oceano Indiano dove, a causa dei monsoni, le correnti cambiano direzione due volte all'anno. Infine, anche la morfologia dei bacini marini esercita una notevole influenza sull'andamento spaziale delle correnti: queste vengono deviate o modificate, a seconda del loro orientamento rispetto alla costa ed anche in funzione delle diverse condizioni del fondo marino.

Per quanto riguarda le correnti marine che appaiono più ridotte rispetto a quelle oceaniche, sono prevalentemente legate allo squilibrio che si crea tra bacini contigui a causa delle differenze di temperatura e di salinità, cioè, in definitiva, di densità.

Come si è detto prima, le correnti calde si spostano verso i poli, quelle fredde verso l'equatore, ma la circolazione completa delle masse d'acqua si può riscontrare soltanto nell'Oceano Pacifico e nell'Oceano Atlantico, dove le correnti equatoriali si scindono in due rami principali che danno origine alla circolazione oceanica nei due emisferi.

In prossimità dell'equatore si osservano anche delle controcorrenti, ossia degli scorrimenti di masse d'acqua in senso opposto al corso generale della circolazione oceanica; la loro origine è legata all'esistenza di correnti che scorrono inizialmente una accanto all'altra: a causa dell'attrito esistente sui loro margini, al momento in cui esse si dividono, si crea un vortice cui segue uno spostamento d'acqua in direzione opposta a quella principale. Mentre nell'Oceano Pacifico, che ha una forma abbastanza regolare, la circolazione si sviluppa secondo due circuiti ben distinguibili, l'Oceano Atlantico, per la sua forma allungata e sinuosa, presenta una circolazione irregolare. L'Oceano Indiano, essendo sviluppato essenzialmente nell'emisfero australe, presenta solo in questo un circuito completo e regolare; difatti l'emisfero boreale è quasi completamente occupato da masse continentali ed inoltre, per lo spirare dei monsoni, presenta una circolazione alternata, con correnti che si muovono per sei mesi in senso orario e per sei mesi in senso antiorario.

I venti dominanti, influenzati dalla rotazione terrestre, e le variazioni di temperatura, dovute al calore solare, mettono in movimento le acque superficiali che richiamano masse d'acqua dal fondo. In questo modo, oltre alle correnti orizzontali, si formano correnti verticali dal fondo verso la superficie e dalla superficie verso il fondo: queste correnti sono dette convettive.

La conoscenza dell'andamento delle correnti è assai utile per la navigazione, specie quella tra i vari continenti; essa investe fra l'altro anche il campo della climatologia e quello della pesca. Infatti le correnti, a seconda delle loro caratteristiche, tendono a spostare le fasce climatiche verso Nord o verso Sud, compiendo un'azione mitigatrice particolarmente nelle zone costiere lungo le quali scorrono: in genere le correnti calde apportano notevole umidità, causando abbondanti precipitazione, mentre quelle fredde favoriscono l'aridità del clima. Inoltre, le correnti fredde sono generalmente ricche di sali nutritivi e di microscopici organismi animali e vegetali: la loro presenza permette un abbondante sviluppo della vita nelle acque superficiali, rendendole estremamente pescose.

LA CORRENTE DEL GOLFO

Lungo le coste scandinave fino al porto di Murmansk (in Unione Sovietica), il mare rimane libero dai ghiacci durante tutto l'anno nonostante l'alta altitudine, perché vi giungono le acque ancora tiepide della Corrente del Golfo, dopo un viaggio di qualche migliaio di chilometri dal Centro America. Uno dei primi studiosi di questa corrente fu Benjamin Franklin: l'inventore del parafulmine osservò che i battelli americani impiegavano in genere due settimane meno dei battelli inglesi per attraversare l'Atlantico e venne a sapere che i comandanti americani sfruttavano per i loro viaggi di andata , una corrente che scorre verso l'Europa a 5 Km/h, e sulla via del ritorno la evitavano. Disegno nel 1770 la prima mappa di questo fiume nel mare e ne segnò il nome: Corrente del Golfo.

Spinte dagli alisei, venti costanti con direzione verso Ovest, le acque penetrano nel Golfo del Messico fra Cuba e le coste dell'America Centrale. La corrente esce dal Golfo fra Cuba e la Florida: è larga 80 Km e profonda 500 m e trasporta un volume d'acqua mille volte più grande di quello del maggior fiume del mondo. Giunta alla latitudine di Capo Hatteras, la corrente devia a Nord-Est verso l'Europa. In prossimità del continente si divide in due rami: uno si dirige a Nord verso le Isole Britanniche e la Norvegia, mentre una derivazione raggiunge l'Islanda; l'altro ramo volge a Sud, verso la Penisola Iberica e l'Africa e infine si unisce alla Corrente Nordequatoriale, che si dirige nuovamente verso il Golfo del Messico.

AZIONE COSTRUTTRICE DEL MARE (SEDIMENTAZIONE)

La sedimentazione è un'azione meccanica della corrente d'acqua che diminuendo di velocità lascia depositare in ambiente subacqueo il materiale trasportato. La sedimentazione può essere essenzialmente di tre tipi: meccanica, chimica ed organica. La sedimentazione meccanica avviene quando il mezzo di trasporto non è più in grado, per diminuzione della velocità e della turbolenza, di trascinare o sostenere il materiale in sospensione. Questo tipo di sedimento segue la legge di Stokes: v = kr2, dove r è il raggio della particella considerata sferica, k è una costante il cui valore è direttamente proporzionale alla differenza tra la densità della particella e il mezzo di trasporto e all'accelerazione di gravità e inversamente proporzionale alla differenza tra la densità della particella e il mezzo di trasporto e all'accelerazione di gravità e inversamente proporzionale alla viscosità del mezzo. Per particelle di diametro superiore a 0,1 mm la legge assume l'espressione; v = kVT, dove k diventa indipendente dalla viscosità. Se il materiale è finissimo o allo stato colloidale, interviene il fenomeno della flocculazione, che determina prima la coagulazione e l'aggregazione delle particelle in fiocchi e in grumi e successivamente la deposizione.

La sedimentazione chimica è causata da reazioni tra le sostanze in soluzione nelle acque. I principali fattori chimico-fisici che intervengono e controllano tale processo favorendo o meno le reazioni, sono: la temperatura, la concentrazione in ioni di idrogeno (PH), i potenziali di ossidoriduzione e l'assorbimento ionico. La temperatura favorisce la differenziazione chimica e impedisce la formazione di cristalli misti; il valore del PH regola la precipitazione di alcune sostanze; lo stato di ossidazione invece determina il tipo di sedimento.

La sedimentazione organogena, dovuta all'accumulo di conchiglie o resti di organismi fissatori di sali minerali, dipende, oltre da suaccennati fattori, da fenomeni di ordine biologico e biochimico. La natura e le caratteristiche dei materiali che si depositano, cioè dei sedimenti, dipendono da una complessa combinazione di fattori comprendenti tra l'altro il tipo di rocce, il processo di disgregazione, meccanico o chimico che interessa tali rocce, la modificazione del materiale sedimentario e le condizioni caratterizzanti l'ambiente di sedimentazione. I tipi di sedimenti distinguibili sono pertanto numeri e altrettanto numerose sono le classificazioni possibili. Una suddivisione distingue i materiali in primari, costituiti da materiali alla loro prima formazione, e secondari, derivanti per erosione e rideposizione dei materiali preesistenti. Un'altra classificazione tiene conto della presenza e dell'intervento di organismi ammali e vegetali e divide i sedimenti in organici e inorganici. Più comunemente seguita è la classificazione che divide i sedimenti secondo il processo sedimentario che li origina. Si distinguono così sedimenti clastici o detritici, suddivisi in base alla granulometria in ciottoli, ghiaie, sabbie, limi e fanghi; sedimenti chimici distinguibili, in base al prevalere di un determinato composto chimico o minerale, in sedimenti silicei, carbonacei e organogeni. La classificazione più completa è quella che considera i sedimenti in relazione all'ambiente e li studia tenendo conto dei vari tipi di sedimento.

Gli ambienti marini di sedimentazione sono molto variabili per estensione, uniformità e persistenza nel tempo. Si distinguono in tre grandi zone: acritica, batiale e abissale. La zona neritica si estende dalla linea di costa al margine esterno della piattaforma.

In seguito alla sedimentazione si possono venire a formare: le spiagge; questo avviene soprattutto nelle insenature di acqua poco profonda, riparate da promontori: le onde che riescono a raggiungere il litorale abbandonano ammassi di ciottoli, ghiaie e sabbie che con il contributo dei detriti portati dalle correnti, si accrescono sempre di più formando le spiagge. Talvolta i materiali vengono depositati in mare ad una certa distanza dalla riva formando i lidi o cordoni litoranei. In questo caso il materiale più leggero viene trasportato poco lontano dalla costa, dove può affiorare, formando così dei cordoni che separano delle strisce d'acqua dal mare aperto. Si vengono così a formare lagune, rive comunicanti col mare aperto tramite bocche o fori lagunari, attraverso i quali le acque marine entrano ed escono con l'alternarsi del flusso e del riflusso della marea. Questo fenomeno avviene nella laguna di Venezia.

Sono invece dette lagune morte se i depositi circoscrivono completamente la zona di mare isolandola dal mare aperto. Questo è tipico della laguna di Orbetello, una laguna racchiusa da due tomboli che collegano l'antica isola di Monte Argentario alla Toscana. Si chiamano tomboli quei lidi che congiungono un'isola alla terra ferma. In certi casi essi possono essere due o più, ed estendersi parallelamente fra loro chiudendo uno specchio d'acqua lacustre.

Nella formazione dei cordoni litoranei ha notevole importanza la direzione dei venti dominanti. Questi, se soffiano obliquamente rispetto alla linea di costa, danno origine a una corrente di "deriva litorale" capace di trasportare sabbie e fanghiglia in sospensione più o meno parallelamente alla riva; un cambiamento di direzione della costa, quale può essere la sporgenza di un promontorio, provoca il rallentamento o la deviazione della deriva e parte del materiale si deposita formando una laguna di sabbia allungata nel senso della corrente; questa forma di accumulo può lentamente accrescersi e trasformarsi in lido.

L’AZIONE DI EROSIONE DEL MARE (ABRASIONE MARINA)

Il mare è uno degli agenti preminenti nell'azione di modellamento della superficie terrestre. Infatti esso svolge una triplice azione di erosione, di traspone e di deposizione, che si esercita sui litorali, cioè nelle zone di contatto, più o meno ampie a seconda dell'ampiezza delle maree, fra le parti emerse e quelle sommerse della superficie terrestre. I processi attraverso i quali il mare esplica le sue funzioni modellatrici sono essenzialmente di natura fisica: abrasione per la fase distruttiva, sedimentazione per quella costruttiva. A questi processi fisici se ne affiancano altri di natura chimico-fisica (corrosione) e biochimica (organismi distruttori e costruttori ) che di solito mantengono un ruolo collaterale.

Per quanto riguarda l'azione di erosione, che prende il nome di abrasione marina, è un fenomeno favorito, oltre che dalle maree, dalla forza di urto delle onde e dal materiale incoerente da esse trasportato, anche dalla natura litologica della costa, dall'assetto geologico della regione, dai venti, dalla temperatura, dall'alterazione chimica delle rocce a contatto con l'acqua salata, la disgregazione meccanica operata dagli altri agenti esogeni e l'azione degli organismi perforatori (quali, ad esempio, i molluschi litodomi).

L'effetto abrasivo del mare si manifesta inizialmente con una caverna o solco erosivo che si forma a livello medio marino: quando la caverna è divenuta sufficientemente profonda determina il crollo della parete soprastante con conseguente arretramento della linea di costa.

Se le coste sono alte e rocciose l'azione è in prevalenza demolitrice, perché le onde tendono a corrodere le sporgenze, a sgretolare le rocce, a fare arrestare le scogliere. Se le coste sono basse e sabbiose, prevalgono invece le fasi di trasporto e di deposito, perché le onde si smorzano sul fondo prima di giungere sul litorale e si limitano a spingere verso la costa i ciottoli, levigandoli fino a che assumono la caratteristica forma rotonda o piatta.

L'azione del moto ondoso è particolarmente efficace lungo le coste con acque poco profonde, laddove le onde di oscillazione per attrito col fondo si trasformano in onde di traslazione. Si originano così i frangenti, che sono in genere tre volte più alti dell'onda in mare aperto e possono arrivare, nei periodi di forte burrasca fino ad altezze di una cinquantina di metri. Con il loro moto di trasporto della massa d'acqua, essi demoliscono le rocce non solo per l'enorme pressione (fino a 30000 Kg/cm), ma anche con l'aiuto dei materiali che lanciano contro la costa, dando luogo ad incisioni, nicchie, caverne, arcate, guglie o scogli (come i famosi faraglioni dell'isola di Capri), le cui forme e le cui caratteristiche dipendono in larga misura dalla resistenza che le rocce possono opporre a questa opera distruttiva.

La notevole forza d'urto dei frangenti agisce con particolare forza sulle fessure, sui giunti di stratificazione, sui punti di debolezza delle rocce rappresentati da cambiamenti litologici, aprendo varchi e fratture che si allargano progressivamente: l'acqua, spinta violentemente in queste aperture, comprime le masse d'aria in esse contenute e ritirandosi determina la loro rapida espansione con forza addirittura esplosiva. Le rocce, subendo questa duplice azione di compressione e decompressione, vengono dapprima fratturate, quindi separate e divelle in blocchi e frammenti di tutte le dimensioni. L'allargamento della cavità è relativamente rapido e col tempo può portare alla formazione di vere e proprie grotte di abrasione marina; spesso capita che due o più grotte entrino in coalescenza per eliminazione dei setti di separazione, dando luogo ad enormi antri con aperture molto ampie ma, di solito, poco estesi in lunghezza.

A causa dei diversi movimenti di innalzamento ed abbassamento relativo del livello del mare e delle terre emerse, avvenuti nell'Era quaternaria e tuttora in atto, talune di queste grotte si trovano oggi a decine di metri sopra il livello del mare; altre sono, invece, completamente o parzialmente sommerse. In quest'ultimo caso la loro esplorazione viene effettuata da speleologi subacquei, che riescono ad addentrarsi in tali cavità ed a penetrare anche nelle parti più interne. In Italia abbiamo numerosi esempi di grotte costiere, ad esempio, quelle dell'Adriatico, di notevole interesse speleologico, geologico e preistorico: fra esse, la celebre "Grotta Romanelli", la "Grotta Zinzulusa" sul Canale di Otranto in Puglia. Altrettanto belle sono le numerose cavità che si aprono sul mare lungo le coste della Sardegna. Molte delle grotte costiere italiane come la "Grotta di Nettuno" e la "Grotta del Bue Marino" (detta così perché rifugio di foche ormai rarissime nel Mediterraneo), in Sardegna, la "Grotta Azzurra" di Capri, si sono formate per fenomeni carsici.

Quando l'abrasione marina può agire in maniera relativamente uniforme lungo un tratto di costa alta e rocciosa, in corrispondenza del livello medio del mare si origina una specie di scanalatura (solco di battigia) che si approfondisce sempre di più; la parete sovrastante (ripa) viene così scalzata alla base e, mancando di sostegno, e subisce dei crolli successivi che la fanno arrestare; è questo il fenomeno che provoca l'evoluzione delle falesie, coste alte ed in forte pendenza che si mantengono più o meno ripide e arretrano progressivamente, con una velocità che in genere varia da qualche millimetro ad alcuni centimetri all'anno, ma può essere anche molto superiore. La gran parte dei materiali che deriva dalla demolizione delle ripe si accumula ai piedi di queste e, se il livello del mare non muta, col tempo forma una piattaforma di abrasione marina che si presenta come un piano leggermente inclinato verso il mare e può in parte emergere durante le basse maree; col procedere dell'erosione e dell'arretramento della costa, questa piattaforma tende ad allargarsi e ad ispessirsi sempre di più, fino a che finisce col frenare a poco a poco le onde e a proteggere cosi le ripe dell'ulteriore attacco, facendo cessare l'arretramento (falesie morte).

Sulle coste basse l'abrasione marina si esercita in maniera meno appariscente, ma ugualmente efficace; qui essa agisce sui materiali detritici scaricati dai fiumi o strappati dal mare alle terre emerse. Le onde rimaneggiano continuamente questi materiali, frantumandoli e levigandoli: mentre i massi più grandi vengono ridotti in ciottoli e ghiaie che risultano levigati e appiattiti, con l'asse maggiore in molti casi parallelo alla riva; le onde tendono a disporli in modo che ogni ciottolo si appoggi a quello immediatamente a monte, mentre forti correnti di risacca produrrebbero una disposizione inversa .Verso l'interno la ghiaia spinta dai marosi più forti, specie durante l'alta marea, formano una cresta rilevata, o "berma", che può estendersi ed ispessirsi fino ad impedire il regolare deflusso delle acque fluviali durante le piene e creare così delle zone paludose ricche di vegetazione.

Data la continua opera erosiva del mare, l'esistenza e lo sviluppo delle coste basse, siano esse ciottolose o sabbiose, dipendono dal continuo apporto di materiali scaricati dai fiumi: se la loro quantità è scarsa, le spiagge si riducono; perciò nelle opere di sistemazione montana dei corsi d'acqua bisogna trovare il giusto equilibro fra la necessità di impedire forti erosioni fluviali ed il bisogno di "ripascimento delle spiagge". Invece i frammenti più piccoli vengono ridotti in sabbie a grana sempre più fine, con superfici translucide. Questa azione e il trasporto dei detriti, verso il largo o verso altri tratti costieri, producono un'incessante modificazione anche delle coste a dolce declivio.

Anche le maree esercitano una loro azione diretta dell'erosione dei tratti costieri in cui vi sono sbocchi di corsi d'acqua, specialmente al momento del riflusso. Quest'ultimo infatti fa aumentare la velocità delle acque fluviali che si versano in mare, già rallentate o arrestate durante il flusso: il limo o la fanghiglia che si erano deposti vengono ripresi e trasportati verso il largo, sgombrando così la foce dei fiumi e provocando l'incisione di canali per lunghe distanze sulla superficie della piattaforma continentale: tale è in parte l'origine degli estuari e dei canyon sottomarini ad essi prospicienti. Infine anche le correnti, oltre che contribuire all'azione erosiva delle onde e delle maree, possono esercitare una loro opera erosiva sottomarina se agiscono in acque poco profonde su fondali costituiti da sedimenti teneri, soprattutto quando intervengono movimenti tettonici a rendere irregolari i fondali stessi.

  L’INQUINAMENTO DEL MARE

Come per l'atmosfera, anche per il mare sentiamo parlare sempre più spesso di inquinamento. Questo fenomeno, che deriva da situazioni spesso imprecisabili e produce conseguenze di entità e pericolosità diverse, non è altro che un'alterazione delle condizioni chimico-fìsiche dell'ambiente. Fra questi processi vengono inclusi anche certi fenomeni naturali come l'attività vulcanica, la fioritura di fitoplancton (che produce le acque rosse), l'eccessiva erosione del suolo.

Fra le tante definizioni che si possono dare dell'inquinamento del mare, una delle più complete è quella secondo la quale il fenomeno consiste nella immissione da parte dell'uomo nel mezzo marino, direttamente o indirettamente, di sostanze o di energie che provocano effetti deleteri, quali danni alle risorse biologiche, pericoli per la salute dell'uomo, ostacoli all'attività marittime, diminuzione della qualità dell'acqua.

Varie sono le attività umane che provocano questi effetti deleteri. L'uomo ha sempre considerato il mare come uno "scarico naturale", ma per millenni ciò non ha comportato danni molto gravi: i casi di inquinamento nel passato sono stati abbastanza circoscritti, in quanto i batteri non riuscivano a sopravvivere a causa della salinità, della temperatura e della diluizione delle acque o erano distrutti da altri organismi, del fitoplancton e dello zooplancton. Le industrie erano poco sviluppate ed i loro prodotti relativamente poco dannosi, consistevano in residui della combustione di carbone, di pochi elementi metallici.

Oggi la situazione è profondamente cambiata: nell'ultimo secolo la popolazione mondiale è più che triplicata e si è andata concentrando nelle aree urbane e quindi gli scarichi organici di produzione umana si sono notevolmente accresciuti. Le industrie si sono estese, sfornando enormi quantità di sostanze chimiche-artifìciali incorruttibili, come la plastica, il nylon, gli insetticidi e i pesticidi, elementi metallici molto tossici, come il mercurio, il cadmio, il nichelio, lo zinco, il cromo, l'arsenico; di conseguenza le acque degli scarichi industriali inquinano le zone marine. Tutte queste sostanze contaminano sia le acque continentali che quelle marine producendo effetti dannosissimi sulla flora e sulla fauna con gravi pericoli anche per l'uomo e limitano anche lo sviluppo del turismo.

Lo scarico delle acque residuali favoriscono l'inquinamento organico che consiste in concentrazioni massicce di batteri fecali e di germi patogeni, fra questi si trovano i bacilli del tifo, del paratifo, del colera e della tubercolosi, i virus della poliomielite e dell'epatite virale.

Più preoccupante è l'inquinamento chimico di mari ed oceani: insetticidi e pesticidi si aggiungono ai detergenti per produrre effetti molto nocivi su uccelli ed altri organismi marini.

Con lo sfruttamento degli idrocarburi si è introdotta un'altra forma di inquinamento del mare: l'inquinamento da petrolio. Petrolio ed altri idrocarburi vengono versati in mare da raffinerie a causa di perdite. Ed ancora più grave è lo scarico delle acque di lavaggio delle petroliere; peraltro, queste navi subiscono talvolta incidenti che fanno riversare quantitativi enormi di petrolio greggio. Questi idrocarburi formano ampie macchie galleggianti che possono essere attaccate da organismi microbici: quest'ultimi tendono a demolire le molecole più leggere, mentre quelle più pesanti perdurano inalterate sotto forma dì grumi e solo col tempo precipitano verso il fondo. Il primo effetto è una sottrazione di ossigeno all'ambiente sia perché il petrolio impedisce la penetrazione dell'ossigeno atmosferico nelle acque marine sottostanti, sia perché i batteri per degradarlo utilizzano notevoli quantità di ossigeno.

Ci sono altre forme di inquinamento: l'inquinamento termico dovuto allo scarico di acque utilizzate nei sistemi di riscaldamento o di raffreddamento di impianti industriali che può causare sensibili alterazioni fisico-chimiche all'ambiente marino e gravi disturbi agli organismi acquatici (ne sono responsabili le centrali termoelettriche e quelle nucleari); l'inquinamento da sostanze radioattive dovute alle esplosioni atomiche, agli scarichi delle centrali elettronucleari; infine 1' inquinamento acustico prodotto dalla navigazione, dalle attività estrattive petrolifere e minerarie.

Pertanto viste le gravissime conseguenze provocate da questo fenomeno, occorre prestare attenzione ai fenomeni che avvengono nel mare ed agli effetti indotti da certe attività umane limitandone quelle più dannose per il bene dell'intera umanità.