Italiana, letteratura Letteratura in lingua italiana prodotta in Italia a partire dal XIII secolo.

Medioevo

Prima del XIII secolo in Italia la lingua colta era il latino, impiegato per la stesura di cronache, poemi storici, leggende eroiche. vite di santi, poemi religiosi e opere a carattere didattico e scientifico; tuttavia alcuni poeti scrivevano in francese o in provenzale. ispirandosi sia per le forme poetiche sia per i temi letterari a fonti straniere. Una delle più importanti forme di componimento lirico fu la canzone provenzale, di argomento soprattutto amoroso. I temi letterari comprendevano il valore militare, l'eroismo, il coraggio, tutte qualità interpretate da eroi leggendari come i cavalieri di re Artù e i paladini di Carlo Magno, protagonisti di storie raccontate in versi. Le gesta epico-romanzesche di questi eroi, oltre a riscuotere vasta popolarità, costituirono il punto di partenza della tradizione letteraria che avrebbe avuto il suo capolavoro nell'Orlando furioso (1533) di Ludovico Ariosto.

 

 

      Il XIII secolo e l'inizio del XIV

 

La poesia in volgare italiano letterario nacque in Sicilia, alla corte di Federico II e di suo figlio Manfredi. Nella prima metà del Duecento Palermo divenne uno dei maggiori centri culturali europei, entrando in contatto con altre culture, in particolare con la civiltà araba. Molti funzionari di corte (notai, avvocati, giudici) iniziarono a comporre poesie in volgare utilizzando la lingua locale modellata sull'illustre esempio del latino e contaminata con altre lingue che già possedevano una nobile tradizione letteraria, come il provenzale. Si trattava di una lirica cortese e d'amore, molto influenzata dai modelli trobadorici contemporanei. I poeti più importanti di questa scuola furono Guido dalle Colonne, Pier della Vigna, Stefano Protonotaro, Giacomino Pugliese, Rinaldo d'Aquino, Cielo d'Alcamo e Jacopo da Lentini, che si ritiene sia stato l'inventore di una forma poetica destinata a grande successo, il sonetto. Dopo la caduta della dinastia degli Hohenstaufen. avvenuta nel 1266, il fulcro della poesia lirica italiana si spostò in Toscana, con Guittone d'Arezzo, e quindi a Bologna, con Guido Guinizelli, che preannunciò l'avvento del Dolce stil novo, una poetica incentrata sull'idealizzazione della bellezza femminile, considerata l'unica via per accedere alla contemplazione del mistero di Dio. Dante Alighieri, ammiratore di Guinizelli, rielaborò e codificò le regole dello Stil Novo nella Vita nuova (1293-1294), raccontando e analizzando il proprio amore per Beatrice con brani in prosa alternati a componimenti in versi. Tra gli esponenti di questa scuola vi sono anche altri grandi autori, come Guido Cavalcanti e Cino da Pistola.

Centro di una diversa forma di espressione poetica fu l'Umbria. Il Cantico delle creature (1224) di San Francesco d'Assisi esaltò l'amore per la natura e tutti gli esseri viventi, innalzando nel contempo una lode di gratitudine a Dio, mentre la poesia di Jacopone da,Todi, pur essendo legata a una comune matrice religiosa, fu decisamente più sofferta e cupa.

Ma il vero padre della letteratura italiana è Dante Alighieri, eccezionale sperimentatore di linguaggi, stili e generi letterari. Dante scrisse sia in volgare sia in latino, ma nel De vulgari eloquentia (1303-1305), trattato incompiuto di storia della lingua, di retorica e di stilistica, affermò il primato del volgare come lingua letteraria. Dotato di una cultura enciclopedica, espresse nel Convivio (1304-1308) gli ideali di divulgazione del sapere, affronta per la prima volta in volgare argomenti scientifici e filosofici; nella Monarchia propugnò la separazione dei poteri fra chiesa e impero nelle rispettive sfere di competenza. Il suo capolavoro è la Divina commedia, poema in terzine di versi endecasillabi iniziato probabilmente verso il 1307. Le tré cantiche in cui l'opera è articolata (Inferno, Purgatorio e Paradiso) sono le tre tappe del viaggio oltremondano che il personaggio Dante affronta accompagnato prima da Virgilio, e poi da Beatrice, l'oggetto del suo amore, cantato nella Vita nuova. Gli ingredienti letterari e culturali del poema sono innumerevoli: personaggi memorabili, sia storici sia contemporanei, di pura invenzione e mitologici; geografie affascinanti ed elementi didascalici (teologici, astronomici, scientifici), stile comico, elegiaco e sublime, fusi in un imponente progetto unitario.

Se Dante fu un uomo del medioevo, Francesco Petrarca inaugurò una nuova concezione della cultura e dell'uomo, che avrebbe avuto grande sviluppo in epoca umanistica. Appassionato studioso del latino classico, Petrarca è stato spesso definito un uomo moderno, non solo per questa sua passione in netto anticipo sui tempi. La ragione sta anzitutto nel suo interesse per l'individuo, già manifesto nel De vita solitària, iniziato nel 1346, e nel De remediis utriusque fortunae, composto fra il 1354 e il 1366. In secondo luogo egli concepì l'Italia non come parte del Sacro romano impero, entità politica ormai sempre più anacronistica, ma come l'erede dell'antica Roma, la cui missione civilizzatrice cantò nel poema in latino Africa, dedicato alle guerre puniche. La raccolta di poesie in volgare intitolata Canzoniere e la sua opera più celebre. Si tratta di 365 liriche (prevalentemente sonetti) dedicate a Laura, la donna amata dal poeta e che idealizzò nei suoi versi. Qui l'analisi dell'amore, rivissuto prima e dopo la morte dell'amata, mette a fuoco l'anima del poeta attraverso una serie di sfumature rese letterariamente con un linguaggio scelto e raffinato, e grazie a un lavorio di calcolatissime corrispondenze e differenze di tema e di stile.

Come Petrarca, di cui fu amico. Giovanni Boccaccio era consapevole di appartenere a una nuova epoca. Lo testimoniano opere legate alla tradizione come il Filocolo (1336-1339), un romanzo in prosa che narra una vicenda tratta da una leggenda medievale, o come il Filostrato (1335 ca.), poema in ottave di tema erotico-cavalleresco; ma soprattutto il suo capolavoro, il Decameron (1353), una raccolta di cento novelle. Sono racconti ambientati prevalentemente in Italia, in luoghi ritratti in modo realistico, come i protagonisti. Le novelle sono raccontate da dieci personaggi - sette giovani donne e tre uomini - rifugiati in una villa di campagna nei pressi di Firenze per sfuggire all'epidemia di peste, effettivamente scoppiata nel 1348, e ricostruiscono con una grande varietà di intonazione un universo composito, il ritratto di un'umanità intera, senza esclusioni. Nobili e poveri, religiosi e commercianti, uomini e donne, adulti e ragazzi incarnano vizi e virtù attraverso vicende divertenti, commoventi, esemplari, istruttive. Dante, Petrarca e Boccaccio costituiscono i tre pilastri della letteratura italiana. Non a caso le loro opere più celebri, pur appartenendo a generi diversi, sono scritte tutte e tre in volgare toscano, la lingua destinata ad affermarsi in Italia a scapito di tutte le altre varianti regionali e locali.

 

 

    Umanesimo

 

All’inizio del XV secolo, la civiltà comunale era ormai giunta al culmino del proprio sviluppo sociale ed economico, premessa indispensabile di una grande rinascita culturale. In questo periodo vennero riscoperti i testi classici, conservati soprattutto nelle biblioteche dei conventi scampati alle invasioni barbariche e alla decadenza dei secoli bui del medioevo. Nacque allora la filologia, una disciplina che studia il modo di interpretare e trascrivere in maniera corretta le opere dell'antichità. Grazie a nuovi metodi filologici, Lorenzo Valla dimostrò l’inautenticità della Donazione di Costantino, il documento con cui la chiesa rivendicava l'esercizio del potere temporale. Gli umanisti posero al centro della speculazione l'uomo, nelle sue molteplici attività pratiche e spirituali, separando così la cultura laica da quella religiosa, considerata fino ad allora l'unico modello di conoscenza. Se il filosofo del Medioevo fu Aristotele, fondamento della filosofia scolastica, gli umanisti furono influenzati soprattutto dal pensiero di Platone.

L'Umanesimo ebbe come protagonisti pensatori e artisti dotati di numerose competenze specifiche. Basti pensare a Leonardo da Vinci, pittore, scultore, scrittore, ingegnere, scienziato e filosofo della natura, e a Leon Battista Alberti, autore di trattati sull'arte e sulla scienza che hanno influenzato profondamente anche i pensatori moderni. Questa varietà di interessi fu stimolata anche dall'intervento di alcuni mecenati. Lorenzo de Medici, signore di Firenze e mecenate di un gran numero di artisti, egli stesso poeta di chiara fama e brillante statista, rappresentò un alto esempio di politico amante dell'arte. Uno dei più importanti poeti della cerchia medicea fu senz'altro il Poliziano, del quale si ricordano le Stanze per la giostra (1494) e la Fabula d'Orfeo (1480), considerata la prima grande opera del teatro italiano.

 

 

  Rinascimento

 

L'Umanesimo ebbe la sua naturale continuazione nel Rinascimento. Si potrebbe anzi parlare di un'evoluzione, di un processo di maturazione iniziato nel Quattrocento e culminato nel Cinquecento: sono molti gli artisti che attraversano le due epoche, caratterizzate proprio dalla straordinaria concentrazione di autori di opere fondamentali. La Vita di Benvenuto Cellini. composta nel 1558-1566 ma pubblicata postuma nel 1728, è fra i maggiori testi di genere autobiografico di tutta la letteratura italiana, mentre le Vite de’ più eccellenti architetti, pittori e scultori italiani da Cimabue insino a’ tempi nostri (1550, 1568) scritte da Giorgio Vasari, oltre a offrire a tutt'oggi una fonte preziosissima per gli storici, rappresentano un testo capitale della storia dell'arte. La letteratura umanistico-rinascimentale è però contrassegnata anche da altri temi e da generi differenti: la novellistica, con Matteo Bandelle, e la tradizione del poema cavalleresco, con il Morgante (1483) di Luigi Pulci e l'Orlando innamorato (1495) di Matteo Maria Boiardo. L’Arcadia (1504) di Iacopo Sannazzaro rappresenta il più illustre esempio di poesia pastorale; divenuta ben presto celebre in tutta Europa, rilanciò la tradizione che aveva in Virgilio (le Bucoliche) e in Teocrito (gli Idilli) i due antenati più illustri.

Nel corso del Rinascimento venne affrontata anche la questione della lingua. Nelle Prose della volgar lingua (1525) Pietro Bembo propose due modelli stilistico-lessicali destinati ad affermarsi. indicando Boccaccio per la prosa e Petrarca per la poesia lirica. Il fenomeno del "petrarchismo" nacque da questa attribuzione di primato.

Un analogo intento normativo, orientale non solo in ambito linguistico, anima due importanti trattati, il Cortegiano (1528) di Baldassarre Castiglione, e il Galateo (1558) di Giovanni della Casa. Si tratta di opere dedicate all'etichetta, intesa però come raffinata forma di civiltà. Basti dire che il Cortegiano fu utilizzato anche in altri paesi, ad esempio in Inghilterra, come manuale per la formazione del perfetto gentiluomo. Ma il gusto e l'estetica del Rinascimento non si possono ridurre soltanto all'aspirazione alla bellezza e alla perfezione: una netta reazione a questo culto della misura, dell'equilibrio e della raffinatezza si trova nel poema eroicomico Baldus (1517), di Teofilo Folengo. Scritto in maccheronico, una parodia burlesca del latino classico, il Baldus ridicolizza la tradizione cavalleresca e il mondo delle belle lettere, ironizzando su molti aspetti della vita dell'epoca. Un altro scrittore anticonformista fu Pietro Aretino, commediografo di talento e autore di pamphlet polemici e irriverenti. I suoi Ragionamenti (1534-1536) e i sei volumi di Lettere (1538-1557) sono una testimonianza del suo pungente ingegno. Angelo Beolco, detto Ruzante, concepì un'originale commedia di tipo comico-farsesco, affidata non alla lingua colta ma al dialetto "pavane", con consapevole intento anticlassicistico. Fra le sue commedie più importanti, ricordiamo la Betìa (1524-25), La Moscheta (1529) e i Dialoghi, cioè gli atti unici Parlamento e Bilora (1528-1529). Violenza, fame, emarginazione, antagonismo fra città e campagna, ma anche intrecci complicati, beffe e inganni amorosi, sono i temi ricorrenti.

È proprio in pieno Rinascimento che la tradizione cavalleresca coglie il suo massimo capolavoro, che ne sancirà insieme il definitivo tramonto. L'Orlando furioso (tre edizioni: 1516, 1521 e 1532) di Ludovico Ariosto. autore anche di Satire (1517-1525) centrate sul mondo contemporaneo travestito in modo fiabesco, è un poema in ottave nel quale un gran numero di personaggi da vita ad avventure ritmate e sapientemente intrecciate. Cavalieri e maghi, donne guerriere e fanciulle rapite sono parte di un mondo osservato con fine ironia e malinconia. Sullo sfondo della guerra fra i saraceni e paladini di Carlo Magno, Ariosto inserisce la propria scettica e amara visione del mondo, ritraendo in modo approfondito la psicologia e la natura umana, cantata con grande finezza in ottave musicali e leggere.

Erede della tradizione rilanciata da Iacopo Sannazzaro è invece Torquato Tasso, autore dell’Aminta, una favola pastorale rappresentata con grande successo a Ferrara, presso la corte estense, nel 1573. L'opera più importante di Tasso è però la Gerusalemme liberata (1575), un poema epico sulla prima crociata. Il tema religioso, profondamente sentito dall'autore, spesso attanagliato e angosciato da dubbi di fede, plasma la psicologia di personaggi travagliati da pene d'amore e combattuti fra valori e ideali contrastanti.

Se Tasso visse il tramonto del Rinascimento in modo sofferto e non di rado tragico, la prospettiva di due grandi autori dell'epoca fu invece completamente diversa, concentrata sulle ragioni storiche, politiche e ideologiche della crisi. Nel Principe (1513) Niccolo Machiavelli formulò una concezione realistica della politica, alla quale il suo nome fu da allora associato. Pensatore dai molteplici interessi, scrisse anche un trattato sull’Arte della guerra (1519-1520), le Istorie fiorentine (1520-1525), la Vita di Castruccio Castracani da Lucca (1520) e alcune commedie, la più celebre delle quali è la Mandragola (1518 ca.). Lo statista e storico fiorentino Francesco Guicciardini, amico di Machiavelli, è conosciuto soprattutto per la Storia d'Italia (1537-1540), un'opera particolarmente degna di nota per il rigore e l'acume con cui sono analizzati e discussi sia le grandi personalità sia i singoli eventi. Anche in Guicciardini l'esperienza personale è il fondamento della riflessione politica, ma la sua prospettiva non è generalizzante come quella di Machiavelli. fondandosi sul convincimento che ogni avvenimento è sempre unico e irripetibile. I Ricordi politici e civili (1528-1530) si basano sulla sua diretta esperienza politica fiorentina.

Volendo fissare una scansione nel XVI secolo, si può individuare una data storica, il 1545, l'anno in cui presero avvio i lavori del Concilio di Trento. La seconda metà del Cinquecento fu infatti dominata dalla Controriforma. La reazione alla Riforma protestante comportò una ridefinizione dei compiti della Chiesa cattolica e una sua notevole riorganizzazione sia in termini culturali e dottrinali sia da un punto di vista istituzionale. Ne risultò un nuovo clima di sottomissione all'autorità, che sostituì il più libero godimento della vita e degli studi coltivato dagli umanisti e dai loro successori. In letteratura questo cambiamento di clima civile e culturale favorì l'affermazione di un nuovo classicismo. basato sulla riscoperta della Poetica di Aristotele, che nel 1548 era stata pubblicata in lingua originale, con una traduzione latina e un commento di Francesco Robortella A questa seguirono molte altre traduzioni, tra le quali si ricordano quella in latino curata da Giulio Cesare Scaligero e quella in volgare (1570) di Ludovico Castelvetro. Per sottolineare il radicale Cambiamento di clima politico-culturale si può citare un episodio emblematico. Il nuovo secolo si aprì con la morte sul rogo, a Roma in Campo dei fiori, del filosofo Giordano Bruno, che fu processato e condannato per aver sostenuto idee dichiarate eretiche dalla chiesa.

 

 

     L'inizio dell'epoca moderna

 

Sin dalla fine del XV secolo l’Italia fu continuamente invasa da eserciti stranieri: spagnoli, francesi e austriaci la trasformarono in un grande campo di battaglia. Contemporaneamente il commercio mondiale si spostò dal Mediterraneo per concentrarsi sulle rotte atlantiche, innescando il declino economico della penisola. Nei secoli XVII e XVIII la maggior parte dell'Italia venne posta sotto il dominio austriaco e spagnolo. Questa sudditanza ebbe chiari riflessi culturali e artistici. Dopo il Rinascimento, infatti, la straordinaria capacità propulsiva delle arti venne meno. La penisola passò da cuore del mondo occidentale a periferia dell'impero, a luogo in cui si rielaboravano, talvolta in modo originale, tendenze e idee nate altrove. Lo stile predominante nel XVII secolo, non solo in letteratura ma anche nelle arti e in musica, fu il barocco. La poesia e il teatro divennero retorici nell'espressione e altamente metaforici nelle immagini. Il letterato fu artista in quanto artefice, cioè esperto manipolatore del testo, autore in grado di sorprendere e stupire il lettore con giochi prospettici e ribaltamenti di punti di vista. Tipica di questa tendenza in poesia è l’Adone (1623) di Giambattista Marino, un capolavoro di virtuosismo letterario. Si tratta di uno studio sull'universalità dell'eros, tendenza vitale che informa tutta la natura. Da un punto di vista formale, l'opera non si può però ridurre alla poetica della "meraviglia". Si tratta infatti di un testo sperimentale che elabora un nuovo repertorio di immagini e metafore, con l'obiettivo di interrompere il predominio petrarchesco in poesia. Furono infatti numerosi gli imitatori di Marino, che diedero vita alla tendenza detta appunto marinismo. Fra gli scrittori più importanti di questo periodo vanno ricordati anche Gabriello Chiabrera e Fulvio Testi, difensori di un'idea meno artificiosa di letteratura.

La vera alternativa alla cultura barocca, tuttavia, venne da uno scienziato, Galileo Galilei. Professore di matematica e filosofia a Firenze, contrastò la tradizione aristotelica, venne processato dal Sant'Uffizio e fu costretto ad abiurare le proprie teorie. Grande astronomo, autore del metodo matematico per indagare la natura, fu il padre della meccanica moderna. Molto interessante la sua scelta linguistica: pur trattando argomenti scientifici, Galileo scrisse in volgare le sue opere più importanti (Il saggiatore, 1623; Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, 1632; Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, 1638), utilizzando parole e modi di dire ricavati dall'esperienza quotidiana.

 

 

      Il XVIII secolo

 

Verso la fine del XVII secolo sorse un movimento culturale che si oppose all'ampollosità dello stile barocco. I maggiori esponenti di questa tendenza appartenevano all'Arcadia, accademia letteraria fondata a Roma nel 1690 che propugnava il ritorno a una comunicazione letteraria chiara e memore degli esempi antichi. Alla base di questa poetica c'era la filosofia razionalista cartesiana (vedi René Descartes), le cui esigenze metodologiche si avvicinavano in Italia alle posizioni galileiane, riflesse in ambito letterario nella produzione di autori come Francesco Redi e Lorenzo Magalotti. Gli scrittori dell'Arcadia si ispirarono a fonti classiche, soprattutto alla poesia lirica greca (vedi Letteratura greca). Il principale esponente di questo movimento fu il poeta e drammaturgo Pietro Metastasio, che divenne poeta di corte a Vienna, capitale dell'impero austriaco. Egli succedette in questo ruolo ad Apostolo Zeno, autore di opere teatrali e libretti operistici, pioniere nella critica letteraria (fu infatti il cofondatore della prima rivista italiana di critica, il "Giornale de’ letterati d’Italia", 1710). A dare straordinaria fama a Metastasio fu il melodramma Didone abbandonata, rappresentato a Napoli nel 1724. Le sue opere teatrali, come Artaserse e Semiramide riconosciuta, sono degne di nota soprattutto per la fluidità melodica dei versi: la sua riforma del melodramma puntò infatti sul nesso parola-musica, sottolineando l'importanza del testo al fine di una compiuta resa musicale e scenica.

A impostare la riforma del teatro comico fu Carlo Goldoni, uno dei maggiori drammaturghi della letteratura italiana, attivo nella seconda metà del Settecento. A lui si devono celebri commedie come La bottega del caffè (1750), La locandiera (1753). I rusteghi CÌ760} e Le baruffe chiozzotte (1762). Goldoni da il meglio di sé nel rappresentare situazioni in modo semplice ed efficace e nel descrivere l'ambiente dal quale i suoi personaggi traggono le qualità che li distinguono. Il suo teatro segna una novità rispetto alla fortunatissima tradizione della Commedia dell'Arte, sviluppatasi sin dal XVI secolo. La commedia dell'arte si basava su situazioni comiche tipiche; un vero e proprio repertorio di scherzi e azioni divertenti, organizzate in canovacci, cioè in sintetiche trame di volta in volta adattabili in base alle capacità di variazione del capocomico e soprattutto degli attori, che formavano compagnie viaggianti. I personaggi erano tipi fissi, maschere, come Pantalone, Arlecchino e Colombina. e ogni volta gli attori improvvisavano i dialoghi. La riforma di Goldoni prende le mosse da queste esperienze, ma introduce un testo interamente scritto al posto del canovaccio e i caratteri invece delle maschere, temperando l'elemento comico e volgare.

Una diversa proposta di superamento della commedia dell'arte fu quella di Cario Gozzi, che adattò alle scene alcune fiabe popolari, con il risultato di creare un nuovo genere teatrale.

Nella prima metà del secolo Ludovico Antonio Muratori si dedicò con straordinaria costanza e con metodo rigoroso alla pubblicazione della prima grande raccolta di fonti medievali della storiografia moderna, in ben ventotto volumi (Rerum itaficarum scriptores, 1723-1738), ma la sua competenza di storico fu affidata a molte altre opere, come le Antiquitates italicae Medii Aevi (1738-1751), 75 dissertazioni centrate su vari aspetti della civiltà medievale (dal costume all'economia, dalla religione alla letteratura). L'attenzione verso il passato caratterizza anche l'opera del filosofo Giambattista Vico, che nei Principi di una scienza nuova (1725) elaborò una concezione ciclica della storia, rivalutando il ruolo della fantasia e del mito nell'ambito dei processi conoscitivi.

Dal punto di vista filosofico. durante il XVIII secolo la letteratura italiana fu condizionata soprattutto dall'illuminismo francese. Un segno eloquente di questa influenza fu l'ingresso nella lingua di francesismi alla moda. In Italia l'organo principale degli illuministi fu il periodico "II Caffè" (1764-1766), fondato a Milano dai fratelli Alessandro e Pietro Verri. Un altro illuminista di grande prestigio fu il giurista Cesare Beccarla, che in Dei delitti e delle pene (1764), un libro che riscosse un grande successo in tutta Europa, delineò un progetto di riforma del sistema penale, proponendo l’abolizione della tortura e della pena di morte. Giuseppe Baretti combatté una battaglia di rinnovamento della letteratura dalle colonne della "Frusta letteraria", (1763-1765) un periodico sferzantemente polemico.

Fra i maggiori autori di questo periodo vanno ricordati Giuseppe Parini e Vittorio Alfieri. Panni scrisse una celebre satira sociale, II giorno, pubblicato in quattro parti fra il 1763 e il 1801, in cui mise in ridicolo l'inutilità, la frivolezza e l'immoralità dell'aristocrazia, lodando invece la sobria frugalità del popolo. Vittorio Alfieri nell'autobiografia intitolata Vita (1790 e 1804) delineò la figura di un autore approdato tardi alle lettere, ma proprio per questo ferocemente determinato allo studio e al lavoro letterario. Dopo aver trascorso la giovinezza fra ozi e divertimenti come molti altri ricchi aristocratici, Alfieri si rivelò un intellettuale rigorosissimo e particolarmente esigente con se stesso. Sia nei trattati sia nelle famose tragedie, il suo bersaglio preferito fu la tirannia; il valore più strenuamente difeso la libertà. Alcune tragedie, ad esempio Filippo (1775-1783), presentano un forte significato politico, che diede loro grande fama durante il secolo successivo, l'epoca del Risorgimento.