EVOLUZIONE DELLA LINGUA ITALIANA

NEL TEMPO:

 

dal latino all'italiano standard attraverso i cambiamenti fonetici e morfosintattici

e la storia della letteratura italiana dal Medioevo ai nostri giorni

 

 

I DIALETTI, FONTE DI TRADIZIONI

LA LINGUA DIALETTALE SICILIANA DELL’AREA MESSINESE

con particolari riguardi al dialetto aluntino con i principali proverbi

della città di S. MARCO D’ALUNZIO

 

Realizzato da

Alessandra MUSARRA e Fabiana MUSARRA

nel corso dell’Anno 2000

- Lingua Latina

    -  La lingua letteraria

    -  La lingua parlata

 

- La lingua Italiana

    - Caratteristiche linguistiche dell'italiano

    - Il lessico dell'italiano e le influenze esterne

    - Varietà dell'italiano

 

- Dialetti italiani

    - Evoluzione e differenziazione

    - Varietà dialettali

    - L'italiano e le altre lingue

 

- Il dialetto siciliano (provincia di Messina)

- Proverbi

- Letteratura Italiana

    - Medioevo

    - Il XIII secolo e l'inizio del XIV

    - Umanesimo

    - Rinascimento

    - L'inizio dell'epoca moderna

    - Il XVIII secolo

    - Il XIX secolo

        - Neoclassicismo e romanticismo

        - L’epoca del positivismo

    - Fra Ottocento e Novecento

    - Il XX secolo

 

- Questioni della lingua

- Bibliografia

 

  Latina, lingua. Lingua dell'antica Roma e dei territori confinanti. Il latino fu portato nella penisola italica in epoca preistorica da popolazioni provenienti dal nord. Con l'ampliarsi del dominio romano raggiunse ogni parte del mondo antico e divenne la lingua dominante dell'Europa occidentale. Appartiene alla sottofamiglia italica delle lingue indoeuropee ed è il capostipite delle moderne lingue romanze; presenta particolari affinità con il sanscrito, il greco e le sottofamiglie delle lingue germaniche e celtiche.

Secondo la moderna classificazione delle lingue, il latino è una lingua flessiva. A differenza dell'indoeuropeo ricostruito presenta un accento intensivo e uno più musicale; conserva sei degli otto casi indoeuropei, i tre generi nominali (maschile, femminile e neutro), ma ha perso il duale. conservando solo il singolare e il plurale.

Originariamente era il dialetto della regione intorno a Roma. Fra le lingue italiche il latino, il falisco e altri idiomi formavano un gruppo distinto da altre lingue come l'osco e l'umbro. Le prime iscrizioni datano al VI secolo a.C.; i più antichi testi che mostrano chiaramente il latino di Roma sono del III secolo a.C. In Italia, il latino subì influssi dalle lingue celtiche a nord dall'etrusco (lingua non indoeuropea) al centro e dal greco nel meridione, dove esso era parlato sin dall'VIII secolo a.C.

Il latino è una lingua meno flessibile e aggraziata del greco, con un vocabolario più ristretto e inadatto a esprimere concetti astratti, che i romani perlopiù mutuarono dal greco. Il rigore della sintassi e l'incisivo vigore delle sue espressioni, però, fecero del latino un portentoso veicolo di cultura nel corso dei secoli. Anche la lingua letteraria latina ha un notevole debito nei confronti della culti ira greca, da cui prese a prestito quasi tutti i generi (letterari, le teorie sull'arte e gran parte del lessico filosofico e grammaticale. Il latino è noto principalmente attraverso testi scritti, e la lingua letteraria ha un carattere fortemente conservatore, teso alla ricerca della purezza e della perfezione stilistica; solo in alcuni autori, quali Plauto e Petronio. affiorano tracce di quella che doveva essere la lingua parlata, la cui evoluzione fu molto più complessa e indipendente rispetto alla lingua della letteratura.

 

  La lingua letteraria

Il latino usato dagli scrittori può essere suddiviso in quattro periodi, che corrispondono - molto approssimativamente - alle età della letteratura latina: arcaico, classico, tardo e medievale, cui si può aggiungere una fase moderna.

 

Latino arcaico (VI - II secolo a.C.)

Secondo alcuni studiosi, alle origini il latino aveva un accento intensivo sulla sillaba iniziale, che provocò i fenomeni fonetici della sincope (aetas proviene da un supposto ae[vi]tas) e dell'indebolimento delle vocali brevi interne (conficio da un supposto confacio). Del sistema vocalico indoeuropeo il latino arcaico conservò le vocali a, e, i, o, u lunghe e brevi, i dittonghi ai, ei, oi, eu, ou, au e la -d in fine di parola (med, sed divennero in latino classico me, se). In morfologia è da notare la desinenza -as del genitivo singolare dei temi in -a (familias invece del classico familiae), la desinenza -oi nel dativo singolare dei temi in -o, la desinenza -ier dell'infinito passivo (conficier divenne confici).

I primi testi in latino sono brevi iscrizioni (Lapis niger, Fibula praenestina) e testi di carattere religioso (come il Carmen Arvale) o giuridico (Leggi delle dodici tavole). I principali autori furono Ennio, Plauto e Terenzio.

 

Latino classico (I secolo a.C. - Il secolo d.C.)

Il latino classico ridusse i dittonghi ad ae, oe, au, sostituì, fra l'altro, la desinenza -as del genitivo singolare dei temi in -a con -ae, e -oi con -o al dativo singolare dei temi in -o. L'accento nelle parole poteva risiedere solo sulla penultima e sulla terzultima sillaba. L'ordine delle parole nella frase era generalmente piuttosto libero, ma si tendeva a lasciare il verbo in fondo. La sintassi raggiunse nelle opere di alcuni autori un alto livello di complessità.

L'uso della lingua toccò vertici di notevole raffinatezza nelle opere in prosa di Giulio Cesare, Cicerone e Livio e con la poesia di Catullo, Lucrezio, Virgilio, Grazio e Ovidio. Nelle opere di Seneca e in quelle di Tacito la lingua tendeva a comporre sentenze concise ed epigrafiche, cui si aggiunsero molti artifici retorici.

 

Latino tardo (II - VIII secolo d.C.)

Questo periodo comprende anche il latino dei padri della Chiesa, o latino cristiano, con sue particolarità in campo sintattico e lessicale. Il latino tardo era una lingua molto meno rigida e conservatrice. aperta ormai all'influsso delle lingue delle numerose popolazioni dell'impero romano e delle tribù barbariche che vi facevano incursione. Fonetica, morfologia e sintassi erano molto più libere. Si perse gradatamente la distinzione fra vocali lunghe e brevi; i dittonghi vennero generalmente ridotti a una vocale sola; caddero -m e -n finali di parola. Il sistema dei casi si indebolì fino a ridurli a due (un caso del soggetto e un caso del complemento) e ad ampliare l'uso delle preposizioni. In molti casi, alle forme sintetiche si sostituirono forme perifrastiche (plus velox invece di velocior, laudatus sum invece di laudor, cantare habeo invece di cantabo).

 

  La lingua parlata

Più esposta ai mutamenti fu la lingua parlata dal popolo (sermo plebeius) da cui si svilupparono le lingue romanze e che era caratterizzata da una maggior libertà nella sintassi, un ordine delle parole più semplice e la ricerca di parole espressive. Ad esempio, equus ("cavallo") fu sostituito da caballus ("cavallo da soma"), che è alla base del francese cheval, dell'italiano cavallo e dello spagnolo caballo; ugualmente, il francese tête e l'italiano testa non derivano dal latino classico caput, ma da un vocabolo volgare (testa), che letteralmente significava "vaso di coccio". Di questa lingua parlata non esistono testimonianze, perché le attestazioni letterarie del parlato riportano esempi del sermo cotidianus, un linguaggio intermedio fra il latino letterario e il volgare, usato dai cittadini romani più colti.

 

Latino medievale

Dopo un periodo di grandissima instabilità della lingua (VII - VIII secolo d.C.), nel quale progressivamente l'uso del latino, come strumento di comunicazione quotidiana, venne abbandonato a vantaggio delle nascenti lingue romanze, Carlo Magno promosse un rinnovamento dell'istruzione e un ritorno allo studio della grammatica latina. Il latino sopravvisse accanto ai vernacoli come lingua della cultura e della Chiesa cattolica ed ebbe così una sua vitalità.

Le vocali persero definitivamente la distinzione in base alla quantità; ci fu un tentativo di conservare il sistema dei casi, ma spesso fu necessario utilizzare le preposizioni; l'ordine delle parole nella frase divenne meno libero; la sintassi si semplificò ulteriormente, con apporti dalle lingue romanze (ad esempio la proposizione relativa introdotta da quod) e il lessico fu continuamente ampliato.

 

Latino moderno

Nel XV e XVI secolo alcuni scrittori cercarono di ripristinare il latino di epoca classica, che divenne sostanzialmente la lingua degli intellettuali; vennero scritte in latino importanti opere religiose, filosofiche e scientifiche, ad esempio quelle di Erasmo da Rotterdam, Francesco Bacone e Isaac Newton. Il latino rimase la lingua della cultura e della diplomazia fino al Settecento e la lingua della liturgia cattolica fino alla seconda metà del XX secolo. È tuttora la lingua ufficiale dei documenti della Chiesa cattolica e viene usato in ambiente accademico per le opere di filologia.

Anche se è impossibile ricostruire esattamente il modo in cui il latino era parlato, i metodi di pronuncia attuali sono sostanzialmente due, quello ecclesiastico e quello classico. La pronuncia classica è una ricostruzione della pronuncia d'età ciceroniana. Sue caratteristiche sono il suono duro di c e g anche davanti a i ed e, la pronuncia distinta delle vocali nei dittonghi ae e oe e la pronuncia del nesso ti davanti a vocale così com'è scritto (ad esempio, le parole proelium e anticipatio vengono lette rispettivamente "proelium" e "antichipatio"). Questo metodo è usato in Francia, in Germania e negli Stati Uniti. In Italia e in altri paesi europei è generalmente diffusa la pronuncia "ecclesiastica", che legge in modo dolce c e g davanti a i ed e e legge ae, oe come e, e il nesso ti come zi (in questo caso, le parole proelium e anticipatio vengono lette rispettivamente "prelium" e "anticipazio").